SINTESI DELLA PROBLEMATICA

La Legge Fornero ha bloccato la perequazione automatica delle pensioni superiori ad € 1.405,05 per gli anni 2012 e 2013. Questo blocco vale circa il 5-6 % della pensione e non fu temporaneo ma definitivo, poichè non venne mai recuperato negli anni successivi, quindi tutti i pensionati si sono visti ridurre in modo stabile la loro pensione di questo 5 – 6 %. La sentenza 70/15 della Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la norma di legge che ha introdotto il blocco della perequazione automatica per gli anni 2012/13, che si è esteso, in seguito, agli anni successivi. La sentenza n. 70/15 è immediatamente esecutiva, e non necessita di decreti di attuazione, pertanto il Governo non ha nessuna possibilità di disapplicare la sentenza della Corte. Il Governo (o meglio l’INPS) doveva quindi provvedere inderogabilmente a:

– Aumentare la pensione mensile degli interessati

– Pagare gli arretrati dal 2012, maggiorati degli interessi legali.

Ed invece, il Governo ha aggirato la sentenza emanando il Decreto Legge n. 65/2015 che, in pratica, vanifica la sentenza della Corte. Il suddetto decreto taglia pesantemente l’importo degli aumenti e degli arretrati. Inoltre esclude del tutto una vasta platea di aventi diritto in base alla sentenza della Corte Costituzionale. Infatti, i soli destinatari sono coloro che hanno percepito complessivamente (cioè sommando tutte le loro pensioni, comprese quelle integrative e di reversibilità):

– nel 2011: tra 1.405,05 euro e 2.810,10 euro lordi

– nel 2012: tra 1.443,00 euro e 2.885,94 euro lordi.

Il menzionato Decreto Legge è illegittimo e può essere nuovamente impugnato davanti alla Corte Costituzionale.

CHI È INTERESSATO

Tutti coloro i quali dal dicembre 2011 percepiscono una pensione superiore ai 1088 euro netti (pari a circa 1450 euro lordi) essendo stati interessati dal blocco della rivalutazione delle pensioni ad opera del Governo Monti e del Ministro Fornero possono presentare ricorso. A tutti coloro che faranno ricorso spettano sia gli arretrati dall’1 gennaio 2012 sia l’aumento mensile per il futuro nonchè gli interessi e la rivalutazione sugli arretrati.

COSA FARE

È opportuno, preliminarmente, interrompere la prescrizione inviando all’INPS una raccomandata con cui si richiede il pagamento di tali differenze. Deve essere chiaro che l’INPS non pagherà il dovuto, ma l’invio della raccomandata interromperà la prescrizione. Sui suddetti termini la questione è molto complessa, secondo un’interpretazione il termine è di prescrizione ed è di cinque anni (art. 47 bis del DPR n. 639 del 30 aprile 1970), ma secondo un’altra interpretazione sarebbe applicabile il termine di decadenza di tre anni (art. 47 DPR 639/70, come modificato dall’art. 38, comma 4, D.L. 6 luglio 2011 n. 98.). La raccomandata, pertanto, interrompe solo la prescrizione, ma non può servire ad evitare la decadenza, per le quali occorre l’azione giudiziaria, da esercitare entro tre anni. In pratica se si vuole essere prudenti occorre dapprima spedire la raccomandata, ma è opportuno poi avviare l’azione giudiziaria (si consigli di conservare una copia dell’istanza inviata con raccomandata).

L’ITER GIUDIZIARIO

L’azione si propone per i pensionati del pubblico impiego presso la Corte dei Conti Regionale di residenza del pensionato. I ricorsi saranno cumulativi, con un minimo di 50 partecipanti, e ciò anche perché in caso di soccombenza e di eventuale condanna alle spese dette spese si divideranno fra tutti i partecipanti con un impegno davvero irrisorio per ciascuno. L’adesione al ricorso comporta il pagamento di un acconto, comprensivo della cassa previdenziale e dell’IVA, di € 126,88, oltre oneri di legge, e un saldo, soltanto in caso di esito positivo, dell’8% di quanto vi sarà effettivamente pagato.

DOCUMENTI NECESSARI

Modulo di adesione, procura firmata in originale in duplice copia, fotocopia di un documento di identità e della tessera sanitaria, modello CUD 2012 – 2013 – 2014, cedolini pensione 2015 (con particolare riferimento a quello di agosto).

COME PARTECIPARE

Contattare il seguente indirizzo mail: avv.pitruzzelladomenico@gmail.com

(cfr. Casi., sez. Lav., 11 febbraio 2016, n. 2737)