La pergotenda è una tenda retrattile sorretta da una struttura, che può anche essere fissata ai muri perimetrali dell’edificio e al pavimento del terrazzo su cui si erge. Per mesi la costruzione di tali strutture è stata oggetto di discussioni che sono giunte, in ultimo, al Consiglio di Stato il quale, con la sentenza n. 4711 del 2016, ha fatto chiarezza sulla questione: non servono permessi edilizi per realizzare tali strutture se sono aperte da più lati e realizzate con una copertura in gran parte assicurata da tende amovibili. Una struttura così composta non costituisce un volume urbanistico e deve essere considerata al pari di una veranda.

Questo tipo di manufatto è qualificabile, a detta dei giudici, come arredo esterno nel momento cui si assesti su modeste dimensioni, non modifichi la destinazione d’uso degli spazi esterni e sia facilmente ed immediatamente rimovibile. La pergotenda è quindi un arredo esterno inidoneo a modificare la destinazione d’uso degli spazi esterni interessati, grazie alla sua facile e completa “amovibilità”.

Le pergotende sono strutture che devono essere costituite da elementi leggeri (di acciaio o di legno), anche imbullonate (come i gazebo che si usano, per esempio, nelle fiere temporanee) ma comunque di sezione esigua (non viene fornita una definizione chiara di “esiguità” strutturale: comunque una recente sentenza ha stabilito che dei pilastri di legno di sezione cm. 10×10 sono ancora considerabili come “esigui”), coperte con teli (quindi non strutture fisse come le pensiline e le tettoie) anche retrattili, che devono poter essere rimosse senza opere demolitive ma solo e soltanto per smontaggio (sono ammessi secondo me eventuali tasselli infissi nella pavimentazione per il fissaggio). Queste strutture non hanno il carattere di pertinenzialità ma non sono considerabili come opera precaria. Le pergotende possono essere installate senza alcuna autorizzazione edilizia e non è necessario che rispettino le distanze tra le costruzioni. Attenzione: se queste strutture sono annesse ad attività commerciali o comunque ad immobili diversi da quelli abitativi, la loro installazione richiede comunque la SCIA. Inoltre, se l’immobile è vincolato o se comunque si trova in una città storica dichiarata patrimonio UNESCO è necessario il parere preventivo della sovrintendenza e l’installazione è comunque soggetta a SCIA. Di recente una pronuncia del CdS ha chiarito invece il ruolo di eventuali chiusure laterali e perimetrali: quelle realizzate con teli in pvc sarebbero da considerarsi sempre ammesse, mentre quelle in vetro no.

La disciplina delle c.d. pergotende rientra nel novero del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380
Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, che al Titolo II, articolo 6 disciplina l’attività edilizia libera tramite un catalogo di attività che “Fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42” non necessitano di permessi per la loro realizzazione; tra queste, le più comune, sono sicuramente gli interventi di manutenzione ordinaria di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a) e gli interventi di installazione delle pompe di calore aria-aria di potenza termica utile nominale inferiore a 12 Kw, di cui alle lettere a ed a-bis del summenzionato articolo 6.

Nella sentenza 1619 del 2016 il CdS chiarisce che necessitano di titolo abilitativo quelle strutture che non abbiano un carattere precario, intendendosi con esso un uso continuativo della struttura che sia un camper od una veranda. Per stabilire se un’opera è precaria non bisogna far riferimento ai materiali utilizzati o all’assenza di un ancoraggio al suolo o ai muri. L’ancoraggio, ha ricordato il CdS, può essere indispensabile per ragioni di sicurezza anche nelle opere precarie. Ciò che rende un’opera davvero precaria è il suo utilizzo temporaneo. Per questo motivo la giurisprudenza ha più volte affermato che camper, roulotte, case mobili e imbarcazioni hanno bisogno del titolo abilitativo se sono utilizzati come abitazioni, spazi di lavoro o magazzini per un tempo continuato. Tornano invece a essere opere precarie se sono usate solo per un periodo limitato, ad esempio per le vacanze estive.

Nel caso di specie il CdS aveva analizzato la questione relativa alla costruzione di una tenda retrattile, stabilendo che la costruzione è la tenda (amovibile) e che la struttura portante della tenda, pur se ancorata al pavimento del terrazzo, costituisce un accorgimento per rendere la tenda stessa stabile e ben fissata.  Il proprietario sottolineava come l’opera realizzata rientrasse nell’ambito di attività edilizia libera (art. 6 dpr n. 380/2001) e non di ristrutturazione edilizia e quindi non assoggettabile al rilascio del permesso di costruire. Il Consiglio di Stato ha affermato che, stando al principio generale, tutte le nuove costruzioni e gli interventi di ristrutturazione edilizia di un certo rilievo sono sempre soggetti al rilascio del permesso di costruire; tuttavia (articolo 3, comma 1, lettera e.5, del dpr 380/2001, Testo unico edilizia), le opere precarie non hanno necessità di alcun titolo e ad esse sono assimilati gli interventi di arredo (articolo 6, lettera e, del dpr).

Si legge nella sentenza 1619/2016 del CdS: “Rileva, poi, che la sentenza appellata avrebbe errato nel ritenere l’opera realizzata assoggettata al preventivo rilascio del permesso di costruire, atteso che, nella specie, non era configurabile un intervento di ristrutturazione edilizia, né tampoco di nuova costruzione, difettando l’indefettibile presupposto della trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio. Andavano, infatti, sottolineati caratteri di amovibilità, precarietà e temporaneità delle strutture realizzate, nonché la loro funzione meramente accessoria e pertinenziale all’unità abitativa.”

Con la stessa sentenza il CdS ha analizzato un secondo caso nel quale la pergotenda presentava dei paravento in vetro: in questo caso sono invece necessari i permessi edilizi poiché la pergotenda presenta ulteriori elementi, (quali le vetrate) idonee a chiudere la struttura e, quindi, la struttura portante della pergotenda non ha come unico scopo di reggere la pergotenda ma ha anche la funzione di assicurare le vetrate. Ciò vale anche se le lastre di vetro sono installate “a soffietto” o “a pacchetto” e quindi possono essere aperte, perché sono in ogni caso tali da rendere la struttura sfruttabile per tutto l’anno, anche nel caso di condiziono climatiche avverse. Tale circostanza, infatti, non modifica la natura del manufatto che, una volta chiuso, è una vera e propria opera edilizia, come tale soggetta al rilascio del previo titolo abilitativo. Di contro lo spazio creato dalla pergotenda con i teli in pvc laterali non si può configurare come spazio chiuso e delimitato e, pertanto, non ha i caratteri della consistenza e rilevanza che possono essere attribuiti ad una “costruzione”: la struttura portante della pergotenda pertanto va vista come mero elemento portante della tenda, che è ciò che davvero configura la funzione del tutto. Così si esprime il Consiglio di Stato nella sentenza n. 1619 del 2016 che dirime una questione annosa e lungamente dibattuta.