Il ministro delle politiche agricole Maurizio Martina ed il Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda applaudono con grande entusiasmo al decreto interministeriale da loro fortemente voluto che, dopo l’iter previsto dal regolamento UE 1169/2011, è entrato in vigore lo scorso 9 dicembre ma è divenuto effettivo solamente il 19 aprile 2017.

Tale decreto prevede l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza del latte e il paese in cui è stato trasformato, se diverso da quello di mungitura. “Un momento storico per il made in Italy” secondo Coldiretti, la quale sottolinea che tre cartoni su quattro del latte Uht in vendita nei nostri supermercati sono di origine straniera e i consumatori non ne sono informati.

Nella relazione introduttiva al decreto si legge che, secondo un’indagine demoscopica condotta da ISMEA, i consumatori hanno mostrato un elevato interesse per l’indicazione del luogo di origine del latte e dei prodotti da esso derivati. Questi risultati sono stati inseriti tra i considerata della relazione, nella quale si sottolinea che, allo scopo di fornire un quadro informativo più completo sugli alimenti, si introduce una disciplina sperimentale dell’etichettatura dei prodotti preimballati contenenti latte.

Il decreto, infatti, è rivolto a: latte Uht, burro, yogurt, mozzarella, formaggi e latticini a base di latte vaccino, ovicaprino, bufalino e di altra origine animale. Sono esclusi i prodotti con marchio DOP o IGP che hanno già disciplinari relativi all’origine ed il latte fresco, già tracciato, cui si applica il decreto interministeriale del 2004.

Secondo l’articolo 2 sono obbligatorie le diciture “paese di mungitura”, sia per il latte venduto tale e quale, sia nel caso in cui sia usato come ingrediente, e “Paese di condizionamento o di trasformazione”, ossia il paese nel quale il latte è stato condizionato.

Se la mungitura avviene in più paesi dell’Unione Europea, basterà scrivere “latte di Paesi UE”, allo stesso modo se è stato condizionato o trasformato in più di un paese membro UE si userà la dicitura “latte condizionato o trasformato in Paesi UE”. Se i paesi in cui il latte è stato munto o lavorato sono situati al di fuori dell’Unione, si userà la stessa dicitura al negativo (Latte di Paesi NON UE).

Ancora, a mente dell’articolo 4 del decreto in discorso, le indicazioni sull’origine del latte “devono essere indelebili e riportate in etichetta in modo da essere visibili e facilmente leggibili. Esse non devono essere in nessun modo nascoste, oscurate, limitate o separate da altre indicazioni scritte o grafiche o da altri elementi suscettibili di interferire.”.

Nell’immediato la novità vale solo per il latte e i derivati freschi, perché ci sono 180 giorni di tempo per smaltire i derivati stagionati giacenti nei magazzini, senza etichette aggiornate. Dunque, a fine anno, tutti i prodotti caseari dovranno obbligatoriamente rispettare le nuove indicazioni in tema di etichette, pena le sanzioni già previste dalla l. n. 4 del 3 febbraio 2011, recanti Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari.

Non sono mancati i commenti positivi a seguito dell’approvazione del decreto. Il Presidente di Trevalli Cooperlat guarda con favore alle nuove disposizioni spiegando che tale provvedimento esalta il valore del sistema cooperativo, costituito da molti allevatori italiani.

Non nasconde l’entusiasmo il Ministro Martina: “E’ una svolta storica che permetterà di inaugurare un rapporto più trasparente e sicuro tra allevatori, produttori e consumatori. Stiamo lavorando per estendere l’obbligo dell’origine in etichetta anche ad altre filiere, a partire da grano, pasta e riso.” Ed in effetti anche sul versante della pasta vi sono delle novità.

Il decreto porta con sé una maggiore attenzione alle etichette ed al latte italiano e non mancherà chi, sfruttando la scia dell’entusiasmo, scriverà sui propri alimenti “latte 100% italiano”.

Questo filone di decreti, iniziato lo scorso 9 dicembre con il decreto interministeriale, porta con se numerose ed interessanti novità volte ad una corretta e più concreta informazione del consumatore ma c’è chi, ovviamente, storce il naso.