A pochi mesi di distanza dalla legge che ha disciplinato la notifica via Pec delle cartelle di pagamento, si è aperta una disputa giurisprudenziale sulla validità procedimentale delle cartelle esattoriali notificate con tale strumento da Equitalia.

Da ultimo è toccato alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano, dopo quella di Napoli, Lecce e Savona, esprimersi sull’argomento offrendo ulteriori interessanti spunti di riflessione.

Ma andiamo per ordine.

In base a quanto contemplato nel DPR n. 602 del 29 settembre 1973, recante la disciplina della riscossione delle imposte sul reddito, per cartella esattoriale si intende l’atto notificato al contribuente dal concessionario del servizio di riscossione per il recupero dei crediti vantati.

L’art. 38, co. 4, lett. b) del D. L. 31 maggio 2010, n. 78 (convertito con Legge n. 122/2010), ha aggiunto, all’art. 26 – D.P.R. n. 602/73, il comma 2, il quale prevede che le cartella di pagamento possono essere notificata via Pec.

Ma come già anticipato, fin dalle prime applicazioni, il sistema della notifica via Pec ha destato molti dubbi e perplessità.

Tale sistema, infatti, sembrerebbe creare una disparità di trattamento tra le diverse forme di notifica.

Ed invero, se da un lato sono previste forme di notifica molto rigorose, dall’altro, la notifica via Pec non sembra assistita dalle stesse garanzie circa l’effettiva conoscenza della cartella.

Tale sistema di notifica, come già anticipato, è stato oggetto di due sentenze, una pronunciata dalla Commissione Tributaria di Lecce n. 611 del 26.02.2016 e, l’altra, dalla Commissione Tributaria di Napoli n. 1817 del 12.05.2016, ed in entrambi i casi le notifiche via Pec sono state dichiarate invalide.

La suddetta giurisprudenza si fonda su due ordini di motivi: uno attinente alla conoscenza dell’avvenuta notifica tramite Pec, l’altro, riguardante il documento in essa contenuto.

In primis, secondo i Giudici questo sistema non garantirebbe l’effettiva apertura e lettura del documento da parte del destinatario, ma solo la disponibilità del documento nella casella di posta di quest’ultimo.

Basti pensare, innanzitutto, al fatto che mentre con la mail ordinaria il gestore, su richiesta del mittente, notifica allo stesso l’avvenuta lettura del messaggio, la medesima informazione non viene fornita se si utilizza la posta elettronica certificata. Con tale sistema si ottiene, invece, il messaggio di sola avvenuta consegna.

Ciò significa che il messaggio e il suo allegato sono disponibili tra i messaggi di posta in arrivo, ma non consente di verificare o comunque di avvertire il destinatario della disponibilità del messaggio in posta.

Per le più svariate ragioni, il destinatario potrebbe, quindi, non aver visualizzato il messaggio o averlo visualizzato scaduti i termini per eventuali opposizioni.

Tale assunto ha non pochi risvolti pratici, poiché diversamente opinando si rischierebbe di privare il destinatario del diritto di contestare la cartella stessa per avvenuto compimento dei termini decadenziali.

A trattare la questione relativa al dies a quo è la Commissione Tributaria di Lecce, la quale ha evidenziato un’alterazione dello stesso causata dall’impossibilità di determinare il giorno in cui l’atto può comunque considerarsi ricevuto.

La notifica via Pec, quindi, non può in alcun modo assicurare le stesse garanzie delle notifica che avviene per il tramite del messo notificatore (si pensi ad esempio alla raccomandata che viene inviata al destinatario irreperibile ai sensi dell’art. 140 c.p.c.)

Altra e diversa questione è quelle relativa alla validità giuridica del documento inviato in PDF come mero allegato.

Con la sentenza emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Savona in data 26.01.2017 è stato accolto,  se pur parzialmente, il ricorso proposto avverso Equitalia  in merito ad una intimazione di pagamento.

La decisione della Commissione Tributaria ligure si fonda, per l’appunto, sull’assunto che l’allegato in pdf, lungi dal rappresentare giuridicamente un documento informatico, sia invece una mera copia informatica priva di valore probatorio.

La copia informatica, per lo più inviata come allegato pfd non da, infatti, certezza circa la paternità, l’autenticità e l’immodificabilità del documento inviato.

Da ultimo si segnala la Commissione Tributaria di Milano che, con la sentenza n. 1638 del 24 febbraio 2017, afferma, sulla scia delle precedenti pronunce, che: “per quanto alla nullità della cartella perché notificata a mezzo pec, la Commissione ritiene di poter condividere detta eccezione ed osserva che la nullità della cartella di pagamento deriva dal fatto che il messaggio e-mail non contiene l’originale dell’atto inviato, ma solo una copia priva di attestazione di conformità e non offre, quindi, le garanzie tipiche della raccomandata tradizionale”.

Inoltre, secondo la Commissione Tributaria di Milano, “la posta certificata non garantirebbe la piena prova dell’effettiva consegna del documento al destinatario, mentre con il sistema tradizionale della notifica cartacea, tale circostanza è garantita dal postino, dall’ufficiale giudiziario o dal messo notificatore in quanto pubblico ufficiale e, come tali, capaci di dare fede privilegiata alla propria attestazione di consegna, sia nel caso di relata di notifica, sia nel caso del registro delle consegne delle raccomandate r.r.”.

In attesa di altre pronunce di senso contrario, pertanto, il contribuente ben potrà impugnare la cartella di pagamento ricevuta mediante Pec.