Il TAR Palermo ha annullato, con la sentenza n. 2974 dell’8 ottobre 2015, il provvedimento con il quale l’Assessorato Regionale della Salute aveva collocato in astensione obbligatoria, ai sensi del D.Lgs. n. 151/2001, una dottoressa frequentante il corso di formazione in medicina generale rappresentando che “… l’attività svolta nei giorni successivi alla data del parto non sarà considerata utile ai fini della frequenza del corso di formazione e, di conseguenza, non verranno erogati i relativi emolumenti.”.

I Giudici ammnistrativi hanno basato la loro decisione rifacendosi alla Direttiva comunitaria 2006/54/CE nonché ai principi giurisprudenziali enunciati dalla Corte di Giustizia Europea e dal TAR Lazio.

Ed infatti, la suddetta direttiva contiene norme intese ad attuare il principio della parità di trattamento nell’ambito dell’accesso al lavoro, alla promozione e alla formazione professionale e alla retribuzione.

L’art. 15 di tale direttiva, relativo al rientro dal congedo di maternità, prevede che “Alla fine del periodo di congedo per maternità, la donna ha diritto di riprendere il proprio lavoro o un posto equivalente secondo termini e condizioni che non le siano meno favorevoli, e a beneficiare di eventuali miglioramenti delle condizioni di lavoro che le sarebbero spettati durante la sua assenza”.

Il TAR Lazio è stato chiamato a decidere sull’applicabilità dell’articolo 15 citato alla frequenza di un corso di formazione professionale inerente ad un rapporto di lavoro, cioè se il menzionato articolo debba venire interpretato nel senso che, al termine del periodo di congedo [di maternità], la lavoratrice ha il diritto di essere riammessa al medesimo corso ancora in svolgimento, ovvero se possa essere interpretato nel senso che la lavoratrice può essere iscritta ad un corso successivo, anche se incerto perlomeno nel quando.

Di tale questione il TAR capitolino ha investito la Corte di Giustizia Europea la quale ha stabilito che “L’articolo 15 della direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, dev’essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che, per motivi di interesse pubblico, esclude una donna in congedo di maternità da un corso di formazione professionale inerente al suo impiego ed obbligatorio per poter ottenere la nomina definitiva in ruolo e beneficiare di condizioni d’impiego migliori, pur garantendole il diritto di partecipare a un corso di formazione successivo, del quale tuttavia resta incerto il periodo di svolgimento” (CGE sentenza 6 marzo 2014, causa C-595/12).

Sulla base di tali principi giurisprudenziali il TAR Palermo ha ritenuto illegittimo il provvedimento dell’Assessorato della Salute in quanto l’Amministrazione avrebbe dovuto conciliare l’esigenza di formazione completa dei candidati con i diritti della lavoratrice predisponendo, per la lavoratrice che rientra da un congedo di maternità, corsi paralleli di recupero equivalenti a quelli inizialmente dispensati, di modo che la lavoratrice possa essere ammessa, in tempo utile, all’esame che le consentirà di accedere il prima possibile a un livello superiore di carriera, cosicché l’evoluzione della sua carriera non risulti sfavorita rispetto a quella di un collega di sesso maschile vincitore dello stesso concorso e ammesso allo stesso corso di formazione iniziale.